Il Portico di Lucio Betilieno Varo
Alatri oggi
Maurizio Cianfrocca, Sindaco Città di Alatri
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Brevi cenni storici sull’antica Aletrium
Il primo autore antico che ci dà notizie storiche della città di Alatri, il cui nome tradisce un’origine ernica, è Tito Livio che ricorda l’appartenenza di Aletrium al popolo ernico (IX 42) insieme alle città di Ferentinum, Anagnia e Verulae. Dionigi di Alicarnasso (IV 49) ci testimonia le relazioni tra Roma e gli Ernici sotto la monarchia di Tarquinio il Superbo: i rapporti tra le due popolazioni, eccezion fatta per qualche aggressione maturata dai secondi ai danni dei Romani dopo la cacciata del re (Dion. Hal. IV 49), furono ottimi, come sostiene lo stesso Livio (VI 2, 3). Nel 386 a.C., però, essendo state le forze dei Romani fiaccate dall’invasione gallica, gli Ernici, insieme ad altri popoli italici, insorsero contro Roma e furono sconfitti.
Nel 306 a.C., una parte della popolazione ernica, nella quale non si annoverava Alatri, si sollevò nuovamente contro Roma e fu duramente sconfitta. A questo punto la Lega Ernica venne sciolta; Aletrium, invece, per la sua fedeltà, fu mantenuta indipendente e dotata di leggi proprie (Liv. IX 43, 23). Grande fedeltà a Roma Aletrium mostrò anche durante la guerra sociale del 90 a.C. e, per questo, divenne municipio intrecciando definitivamente la sua storia e le sue vicende con quelle di Roma.
Il Portico di Lucio Betilieno Varo
Un recente finanziamento del Comune di Alatri ha consentito sia la realizzazione di un dettagliato rilievo del portico di Betilieno Varo (realizzato da A. Pintucci) che un restauro conservativo della struttura, ad opera della ditta A. Mazzoleni, sotto la supervisione scientifica di chi scrive e della SABAP province di Frosinone e Latina. Il Portico è noto attraverso un’iscrizione di età tardo-repubblicana. Edificato alla fine del II sec. a.C. nell’ambito di una monumentalizzazione urbanistica dell’antica Aletrium, si inserisce in un più ampio progetto di trasformazione architettonica voluta dalle aristocrazie romane nel periodo tardo-ellenistico, insieme a Terracina, Lanuvio, Palestrina, Nemi, Tivoli, Gabii, etc., testimonianza importantissima dell’architettura di fine II sec. a.C. di area laziale.
Del Portico, sicuramente una delle opere più importanti fatte realizzare da Lucio Betilieno Varo durante le sue censure, rimane una buona parte del canale di scolo delle acque. La struttura è composta da lastre di calcare inclinate verso il basso, sorrette da un muro in opera incerta, oggetto del consolidamento, e da un basamento composto da blocchi di calcare con ancora visibili gli incassi delle colonne che dovevano sostenere il tetto.
Situato sul lato nord dell’acropoli, era probabilmente limitato, sulla fronte, da una serie di colonne, mentre il lato di fondo da una parete disincontinua, presumibilmente interrotta da porte o finestre che gli consentivano di essere un ambiente di collegamento per tutti i visitatori dell’acropoli. Costituiva quindi un ambiente di passaggio coperto con copertura che possiamo solo ipotizzare con colonne centrali e tetto piano.
E’ ipotizzabile che davanti al portico vi fosse una strada in salita nel medesimo luogo, direzione e con la stessa pendenza dell’attuale poiché il porticus qua in arcem eitur di Betilieno è, come scrive Winnefeld, “parallelo al muro della rocca, al quale è addossata la rampa, ed ha la medesima pendenza di essa (1:10) ed inoltre non può esser messo in relazione con alcuno dei due altri ingressi. Esso dunque presuppone l’esistenza di una salita corrispondente esattamente all’odierna, sia che questa vi fosse fin dai tempi anteriori, sia, ciò che pare più probabile, che fosse fatta contemporaneamente alla costruzione del Portico”.
Sempre Winnefeld riporta la distruzione di gran parte delle strutture del portico in seguito ai lavori per la realizzazione di via Gregoriana, mentre la demolizione di una casa fece riaffiorare l’estremità occidentale dello stesso e un grosso blocco riutilizzato di un fregio composto da due metope e un triglifo e mezzo. Nel lato posteriore della porzione di fregio sono incavati due grossi incassi a pianta quadrata, profondi 16 cm per l’inserimento delle travi lignee del tetto; la loro forma e disposizione farebbe propendere per una copertura piana.
Recentemente è stata ipotizzata da Sandra Gatti una relazione tra il portico e le rampe del famoso Santuario delle Fortuna Primigenia di Palestrina (Gatti - Guida archeologica di Alatri).
Il rinvenimento nell’area adiacente al portico di due blocchi con fregio a triglifi e metope conservati nel Museo di Alatri, testimonia probabilmente che il fregio del portico fosse di ordine dorico. La struttura allo stato attuale è composta da blocchi squadrati di calcare inclinati per permettere lo scorrimento delle acque, blocchi probabilmente non allettati con malta, perché non si sono trovate tracce di questa, ma poggiati su un sottofondo di pietrisco.
L’alzato, in buona parte rifatto nel XIX secolo, è composto da numerose pietre di varie dimensioni, prima dell’intervento di restauro, era in cattivo stato di conservazione: mostrava vegetazione superiore e una cospicua quantità di organismi eterotrofi ed autotrofi e patina biologica dovuta alla collocazione esterna dei resti architettonici. Parte del setto murario di contenimento era mancante di conci, con dissesti e disgregazione della malta di allettamento.
Alcuni conci presentavano degradi dovuti all’esposizione agli agenti atmosferici: scagliature, fratture e fessure, dissesti, patina biologica nonché alcune macchie di vernice. È stato, quindi, necessario, da parte dei restauratori Alberto Mazzoleni, Fabiana Grasso, Nicola Pagani intervenire con una prima pulitura meccanica dell’intera struttura per individuare con esattezza tutte le zone di degrado e gli elementi smossi o instabili, seguita da opportuni interventi di disinfestazione e disincontinua fezione con adeguati prodotti biocidi. Successivamente si è proceduto alla ricerca ed al riposizionamento di alcune pietre calcaree, simili a quelle ancora presenti, per risarcire le lacune e conferire nuovamente
una giusta unitarietà ed un adeguato consolidamento all’opera.
Sono state inoltre rimosse le malte deteriorate e risarcite con stuccature idonee alla conservazione del monumento, in continuità e rispettando l’aspetto della struttura muraria.
Nel corso dell’intervento di restauuro è stato trovato nella terra in mezzo a due blocchi squadrati della canala un nummo bronzeo ascrivibile cronologicamente tra il III e il IV secolo d.C.